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Blog a cura di Caterina Laria, Psicoterapeuta

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Io con la lettera maiuscola

3 luglio 2020 Caterina Laria emozioni amare se stessi, assertività, autostim, egoismo, eozioni, io mi voglio bene, psicologo, psicologo online, psicologo skype, psicologo torino, volersi bene

Il mio primo incontro con la lingua inglese ( prima media, circa 25 anni fa…) iniziò con una lettera maiuscola sulla lavagna:


L’insegnante, dopo essersi presentata, ci spiegò che quella vocale era la prima persona singolare e che doveva essere sempre scritta con la maiuscola, anche a metà frase. Davanti a 50 occhi straniti aggiunse: “per non dimenticarvene, pensate all’importanza che dovremmo dare a noi stessi: la nostra persona merita la maiuscola”

Quando lavoro sull’autostima dei miei pazienti , spesso mi torna in mente questo piccolo aneddoto scolastico. Ancora non lo sapevo, ma la “I in capital letter” sarebbe stata una regola non solo ortografica ma soprattutto di vita.

Che importanza dai a te stesso?
Quando mettiamo in secondo piano i nostri pensieri, le emozioni e i vissuti è come se stessimo scrivendo “i” con la lettera minuscola. Una vocale che si perde in mezzo a una frase: perché qualcuno dovrebbe attribuirci un’importanza che noi per primi ci stiamo negando?

La paura dell’immodestia
L’obiezione che più spesso mi viene mossa dai pazienti è la seguente: se inizio a potenziare la mia autostima diventerò una persona immodesta che si reputa migliore degli altri e perderò i miei affetti. Dare valore a se stessi non significa toglierlo agli altri; nel momento stesso in cui smettiamo di fare paragoni impariamo a sbloccare il nostro potenziale.

Chi si ama è egoista?
La seconda protesta riguarda il timore di diventare di colpo egoisti. In alcuni contesti familiari o socioculturali viene trasmesso il messaggio che chi non mette sempre l’Altro davanti al Sé è una brutta persona. Anche in questo caso, amare se stessi non significa diventare “cattivi” con gli altri: autostima significa anche lavorare sui sensi di colpa e sulla loro funzione.

Ritieni sia giunta l’ora di lavorare sulla tua autostima? Non è mai troppo tardi per iniziare! Contattami attraverso i recapiti presenti in questa pagina. Potrai scegliere liberamente se prendere un appuntamento in Studio o da remoto.

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Come ci si sente dopo la prima seduta di psicoterapia?

5 giugno 20204 giugno 2020 Caterina Laria vita da terapeuta cerco uno psicologo, cosa succede dallo psicologo, emozioni, primo colloquio, psicologo, psicologo torino, terapia

Ho provato a chiedere a Google quali domande ricevesse più spesso in tema di psicoterapia: questa che intitola il post odierno ha colpito la mia attenzione.
Quando una persona torna da me dopo il primo colloquio sono solita chiedere quali vissuti abbia sperimentato dopo essere uscita da studio la volta scorsa e come siano poi andati i giorni successivi. Cosa potrei invece dire a una persona che si accinge a recarsi a una prima seduta riguardo al “dopo”?

Photo by Paweł Czerwiński on Unsplash

Se sei arrivato/a da me in questo momento storico della tua vita forse non ne potevi davvero più di una situazione che va avanti da un po’, oppure ti è successo qualcosa di talmente impattante che hai deciso di chiedere aiuto per stare meglio. Che si tratti di una motivazione cronica o acuta, hai deciso di occupartene e questo non può che deporre a tuo favore: hai tutta la mia stima!

In prima seduta lascio sempre aperta la possibilità se fissare o meno un secondo colloquio: non voglio che tu ti senta vincolato/a ad intraprendere qualcosa se non sei ancora convinto/a. Una terapia funziona solo se ci metti impegno. Prenditi il tuo tempo e poi mi dirai.

Potresti aver pianto, forse perché hai trattenuto le tue emozioni troppo a lungo o viceversa non riesci a fermarle. Non pensare che io per questo possa essermi fatta una brutta impressione su di te. Ho molto rispetto per le emozioni dei miei pazienti. Se le lacrime di uno sportivo sono socialmente accettate, perché le tue dovrebbero valere meno?

Avremo parlato per un’oretta circa, ne sarai sollevato/a. Magari ti è venuto in mente che potresti aver detto troppo o troppo poco: non preoccuparti, non esiste un copione da seguire. Hai detto ciò che ti sentivi di raccontarmi il quel momento e va benissimo così, credimi.

Potresti avvertire un po’ di stanchezza perché non è facile mettere insieme i pezzi di una storia e raccontarla a una persona che vedi per la prima volta. Per lo stesso motivo potresti sentirti un po’ triste o giù di morale. Prova a fare qualcosa che ti rilassi e che ti aiuti a staccare.

Certo, magari ti saresti aspettato qualcosa di più risolutivo. Non ti ho dato una soluzione prêt-à-porter, non ti ho fatto nessuna diagnosi, giusto qualche collegamento. Ti avrò però raccontato a quale metodo di lavoro faccio riferimento e come potremmo impostare il nostro percorso insieme. Non ti ho venduto certezze perché non le ho nemmeno io ma spero di averti trasmesso massima onestà.

Se ti è rimasto qualche dubbio puoi contattarmi ai recapiti che ti ho fornito: non temere, è giusto essere sicuri di che cosa si sta intraprendendo. Ti starai domandando quanto ti costerà in termini economici e di tempo: sono valutazioni sacrosante, non vergognarti a farle.

Vuoi prenotare la tua prima seduta? Contattami per un colloquio: puoi scegliere liberamente se svolgerlo da remoto ( telefonata, videoconsulenza,..) o se recarti presso il mio Studio, nel pieno rispetto delle norme igienico-sanitarie vigenti. Per informazioni e/o prenotazioni puoi contattarmi attraverso i recapiti presenti in questa pagina.

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L’eterna lotta tra mente e bilancia: articolo per Psicologia Italia

24 settembre 201923 settembre 2019 Caterina Laria articoli alimentazione, autosabotaggio, autostima, autovalutazione, dieta, obesità, psicologo, psicologo online, psicologo skype, psicologo torino

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La mente gioca un ruolo importantissimo nel successo o meno di una dieta. Ho riassunto in un articolo per Psicologi Italia alcune tra le principali trappole mentali che ne provocano il fallimento ( e una sta proprio nel continuare a usare la parola “dieta”!)
Buona lettura!
Perché non riesco a stare a dieta? L’eterna lotta tra mente e bilancia

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Parlare degli errori si può ( e si deve)

18 luglio 201917 luglio 2019 Caterina Laria digressioni apprendimento, consapevolezza, crescita personale, errore, evoluzione, maturazione, psicologo, psicologo online, psicologo skype, psicologo torino, psicoterapeuta, psicoterapia

Solitamente tendiamo a non parlare di errori, men che meno se li abbiamo commessi in prima persona, poiché si tratta di situazioni che evocano una serie di sensazioni negative: il fallimento, l’autosvalutazione, la vergogna, il senso di colpa…

 

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Eppure abbiamo bisogno degli errori per crescere.
A tal proposito ho un ricordo molto chiaro e nitido del mio insegnate di matematica e scienze delle scuole medie. Stavamo parlando di evoluzione, e ci spiazzò con una frase che più o meno suonava così: ” Gli errori sono ciò che ci hanno fatto arrivare fin qui”. A distanza di anni, all’Università sentii parlare nuovamente di errori, stavolta in riferimento all’apprendimento.

Sembra quasi che degli errori non si debba parlare più. Recentemente sono rimasta colpita dal racconto di una mamma di un bimbo di prima elementare: a scuola sono richieste penne cancellabili , affinché gli alunni possano “correggere gli errori senza scarabocchiare i quaderni“. Lungi da me contestare chi di pedagogia ne sa più di ma…che messaggio stiamo passando a questi fanciulli? Gli errori non vanno fatti, se proprio capitano vanno cancellati ( nb, mi è anche stato raccontato che queste penne cancellabili hanno un inchiostro che tende a sbavare, perciò i quaderni sono comunque pasticciati!).

In terapia parliamo sempre di errori, anche se non ce ne accorgiamo. Che si tratti di uno sbaglio commesso o subito, reale o immaginario, cercato o figlio delle circostanze, è un qualcosa che aleggia nella stanza. In certi colloqui è più percettibile, in altri è solo un velo. L’orgoglio talvolta ci impedisce di vederlo perché non vorremmo fare i conti con i nostri limiti per paura di sentirci piccoli di fronte all’universo.
Ma* è solo quando ammettiamo le nostre debolezze che diventiamo veramente forti. Se riusciamo a volgere il nostro sguardo a ciò che non è andato come speravamo, a ciò che non è andato bene eppure ripetiamo ogni giorno tal quale, a ciò che viviamo come non corretto per noi, impariamo a crescere. Ci rialziamo e proviamo a cambiare strada, oppure continuiamo sulla medesima ma lo facciamo con consapevolezza della direzione che abbiamo scelto. Torniamo ad essere attori della nostra vita e non semplici spettatori.

Un errore che non puoi più permetterti di fare è impedirti di stare bene. Se vuoi puoi chiedermi informazioni e/o fissare un colloquio ( in studio a Torino o, a seconda dei casi, in videoconsulenza), tramite i recapiti presenti in questa pagina. 

( *A proposito di errori e di ricordi dell’età scolare: mi sono documentata sull’utilizzo del “ma” all’inizio della frase poiché ricordavo che la grammatica lo reputa errore. Poi ho letto questo articolo e ho pensato che anche se fosse, è un errore che mi piace per come suona!)

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Lettera di una ” Binge eater”

11 aprile 201910 aprile 2019 Caterina Laria emozioni aiuto, bed, binge eating disorder, disturbi del comportamento alimentare, emotional eating, lettera, psicologo, psicologo online, psicologo skype, psicologo torino, testimonianza

Sul’onda dell’intervista video che ho rilasciato qualche settimana fa , continuiamo a parlare di binge eating disorder, dando stavolta parola a chi ne soffre. Questa che potrete leggere qui sotto è una lettera scritta da una  paziente che negli ultimi tempi ha preso consapevolezza del suo rapporto problematico con il cibo e ha deciso di affrontarlo. Questo scritto faceva parte di un “compito” che le avevo assegnato; dopo averlo letto insieme mi ha confidato il desiderio di voler diffondere le sue parole per aiutare tutti/e coloro che stanno vivendo una situazione simile e vorrebbero chiedere aiuto.
Non ho voluto modificare le sue parole per lasciare autenticità al suo pensiero, se non editando le parti che potrebbero renderla riconoscibile in modo da garantirne la privacy. A lei va il mio ringraziamento per avermi affidato il suo messaggio.

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Photo by Debby Hudson on Unsplash

Cari/e bingers,
vi spiace se vi chiamo così? Sono una di voi e vorrei raccontarvi la mia storia.

Raccontare me stessa è per me una delle cose più difficili al mondo. Ho sempre avuto difficoltà con le parole: mi hanno insegnato sin da piccola a dosarle, a parlare a bassa voce e a non espormi mai perché è da maleducati alzare la voce o da egocentrici parlare di se stessi.
Adesso sono a un punto della terapia tale per cui ho capito che voglio parlare al mondo, ho represso per anni tante parole e tante emozioni. Raccontarmi serve sicuramente a me per prima ma vorrei potesse essere d’aiuto a voi che vivete una una situazione simile alla mia.

Da bambina ho sempre avuto la tendenza a essere un po’ più cicciottella. Probabilmente facevo una vita troppo sedentaria, forse c’era un po’ di genetica, chissà. Mi sarebbe piaciuto fare sport ma essendo femmina i miei genitori credevano fosse una perdita di tempo che mi avrebbe distratta dalla scuola e così le uniche attività extrascolastiche erano corsi di lingue straniere. Negli anni mi sono tornati utili ma alla fine ero sempre sola con l’insegnante di turno, avrei preferito frequentare dei corsi con altri bambini o fare qualcosa di più divertente.
Ricordo che avevo 10 anni quando fui rimproverata per essere stata ingorda nell’aver preso una fetta di pane in più, come se lo avessi tolto di bocca a un bambino africano. Questa è l’immagine che da anni mi torna in mente ogni volta che faccio un’abbuffata. E allo schifo si aggiunge altro schifo.  Non sono mai stata messa ufficialmente a dieta, semplicemente in casa non entravano cibi ritenuti proibiti. Alle feste dei compagni non mangiavo nulla per timore di venire rimproverata. Credevo che tutti controllassero il mio piatto così come facevano i miei genitori a casa.

Ho iniziato ad abbuffarmi durante gli anni dell’università. Mi sono iscritta a una facoltà che non volevo fare: ha prevalso il senso del dovere verso la famiglia e ho “scelto” di seguire la strada di mio padre. Era quello che tutti si aspettavano e nessuno si è mai posto il problema se potesse piacermi o meno. Sono sempre stata una studentessa disciplinata e brillante, quindi ho avuto ottimi voti anche nelle materie che odiavo. Dovevo studiarle e le studiavo, fine della storia.

Negli anni ho imparato come compiere il delitto perfetto: pianificavo le abbuffate in base agli orari in cui sarei stata sola a casa. Arrivavo a bramare l’arrivo di quei momenti. Ho cominciato a frequentare i supermercati e a comprare scorte di cibo da nascondere in camera. Fare la spesa dovrebbe essere un’azione normalissima, eppure io mi sentivo in allerta come un tossicodipendente che va al parco a cercare lo spacciatore. Per il timore che qualcuno potesse vedermi con un cestino pieno di schifezze andavo a fare le mie incursioni mangerecce in altri quartieri. Tanto a casa bastava dire che mi fermavo in biblioteca a studiare.

Non mi ricordo nemmeno cosa e quanto mangiavo in quei momenti. A volte salati, a volte dolci. Spesso mischiavo tutto senza criterio talmente il cervello era annebbiato. La sensazione di appagamento immediata è indescrivibile. Solo chi ci è passato può capirla, così come può capire lo sconforto, il senso di colpa e l’odio per te stessa che ti assale subito dopo. Come trovarsi sul picco di una montagna russa e poi sprofondare fino al centro della terra.
Anche se non ero mai stata magrissima non potevo però farmi vedere palesemente grassa, quindi nei giorni post abbuffata rasentavo il digiuno. E comunque ero così in preda ai sensi di colpa che non avrei potuto mangiare nemmeno sotto tortura. Ovviamente nessuno si accorgeva delle mie restrizioni; lo scarso appetito veniva sempre connesso alla buona e santa preoccupazione per lo studio.

Le mie relazioni sociali hanno sempre fatto pena, un po’ perché i miei pensieri erano sempre assorbiti dal cibo, un po’ perché non mi sono mai vista come una persona interessante. Ok ero una delle migliori all’università, e poi? Tanti si fingevano amici per avere appunti o ripetizioni e in fin dei conti mi stava bene così, solo relazioni superficiali. Ho sempre trovato scuse per declinare inviti alle feste, per paura di non riuscire a controllare la mia voracità davanti ad altri. Adesso guardando indietro direi anche che è difficile fare amicizie se tu per prima non ti apprezzi e non ti ritieni meritevole di affetto e stima.

Adesso sono una donna, ho un lavoro che mi ha portata in un’altra città e una casa tutta mia. Non sono più la bambina a cui veniva vietato di esprimersi e a cui hanno demolito l’autostima. Eppure sento un senso di vuoto enorme, che ovviamente riempio di cibo. Non ho più nemmeno bisogno di nascondermi eppure subito dopo mi guardo intorno come se fossi una ladra del mio stesso frigorifero. Poi mi dispero e mi ripeto che questa è l’ultima volta: il giorno dopo vado a correre al parco e mi convinco che sarà l’inizio di una vita sana. Come va a finire potete immaginarlo, so che ci passiamo tutti. I buoni propositi durano fino a che qualcosa non scatena l’abbuffata successiva.

Sotto sotto ho sempre saputo di avere un problema ma sono quei pensieri che la mente scaccia via per paura di doverli affrontare seriamente prima o poi. Mi rassicuravo dicendomi che tanto non vomito quindi non doveva essere grave. Mi sono autoingannata per anni. E anche questo meccanismo probabilmente lo può capire solo chi ci è passato.

Un giorno è scattato qualcosa, una specie di interruttore. Ero al telefono con mia mamma: non avevo fatto in tempo a raccontarle della mia promozione lavorativa che già mi aveva interrotta. Si è messa a parlare di cugine, figlie di amiche…tutte avevano qualcosa in più di me e si sentiva sempre in dovere di aggiornarmi. Ho chiuso la comunicazione con una scusa banale e sono corsa verso il frigorifero. Lì ho sentito il click. Cosa diavolo stavo facendo??? Perché ero seduta sul pavimento della cucina in lacrime e con un pacco di sottilette in mano? Davvero meritavo questo?

Ho singhiozzato a lungo e profondamente, come una bambina. Quella bambina che non aveva mai pianto perché le emozioni non si ostentano e si deve essere sempre impeccabili. Una bambina che ha soffocato pensieri, desideri e aspirazioni per anni e poi da grande ha iniziato a tapparle con il cibo.

Mi sono documentata su internet decisa a chiedere aiuto a uno psiterapeuta. Ho preso un appuntamento nel più breve tempo possibile. Durante la prima seduta mi vergognavo del mio problema con il cibo. Avevo chiesto consulenza per il rapporto conflittuale ( o forse sarebbe meglio dire un “non rapporto”) con i miei genitori. Poi i rubinetti si sono aperti e in un fiume di lacrime ho raccontato tutto a qualcuno, finalmente.

Durante la terapia ho capito l’importanza di amarmi e volermi bene. Di perdonarmi per tutte le abbuffate che ho fatto e per quelle che , con meno frequenza, mi capita di fare. Ho imparato a dare dignità alle mie emozioni belle e brutte e a trovare modi più sani per gestirle. Sto imparando ad apprezzare il cibo anche se a volte lo vedo ancora come una droga e ho momenti di rabbia in cui vorrei eliminarlo dalla mia vita. Ho ancora paura delle mie fragilità però non le ignoro più perché fanno parte di me.

Il rapporto con i miei genitori è ovviamente un tasto molto dolente ma sento di volerlo finalmente affrontare. Voglio essere libera dal loro giudizio. Ripensando alle famiglie in cui sono cresciuti a loro volta inizio a spiegarmi tante cose. Vorrei essere così brava un giorno da riuscire a perdonarli perché in fin dei conti mi hanno sempre sostenuta economicamente e in quel senso non mi è mai mancato nulla. Avrei preferito meno soldi e più amore in casa ma se non lo hanno mai provato come potevano darmelo? Non riesco ancora a non colpevolizzarli ma adesso è più importante pensare a me e al mio futuro.
Ho superato la vergogna e sono andata a fare una prova alla squadra di pallavolo. aziendale. Mi piace, ho scoperto di essere portata e mi hanno accolta volentieri. Magari non vinceremo il torneo ma sto facendo nuove amicizie e anche uscire a cena insieme non mi spaventa più come prima. Sto imparando ad avere consapevolezza di ciò che mangio e questo mi ha dato la spinta per rivolgermi a una nutrizionista che mi sta insegnando ad avere un’alimentazione sana e più andiamo avanti più comprendo che senza un lavoro psicologico non sarei stata in grado di seguire le sue indicazioni. Avrei fatto promesse e trovato scuse per infrangerle.

Rileggendo questa lettera temo di essermi un po’ dilungata. Succede quando hai tante cose da dire e ti sembrano tutte importanti. Ci ho messo anni a prendere consapevolezza del mio disturbo e a chiedere finalmente aiuto. Leggendo su internet ho visto che ci sono tante persone come me che chiedono un sostegno e non sanno da che punto partire. Ecco, vorrei che soprattutto a voi arrivasse la mia storia: non siete soli! E soprattutto, è possibile uscire da questo tunnel. Non c’è niente di male nel farsi aiutare e parlare con un professionista di ciò che vi sta succedendo. So che all’inizio può essere difficile perché vi troverete a ripercorrere momenti poco piacevoli della vostra vita però poi vi sentirete meglio, più leggeri e più in pace con voi stessi.
Diffidate da chi riduce il binge a una semplice questione estetica, anche se ovviamente può avere grosse ripercussioni fisiche. Non è stato il mio caso ma alcune persone diventano gravemente obese con forti rischi sulla salute. Non mettete in pericolo la vostra vita!
Meritiamo molto di più. Ci è concessa una vita soltanto e non possiamo sprecarla vergognandoci di noi stessi. Ogni giorno possiamo scegliere se volerci bene o continuare a punirci. Arrivi a un punto in cui capisci che non ti interessa più dare la colpa a qualcuno perché semplicemente sei andato oltre e non sai nemmeno come.

Spero di aver dato speranza a qualcuno di voi.
Un abbraccio,
X

Ti sei ritrovato/a, almeno in parte, in queste parole? Ti è sembrato per un istante che si parlasse di te? Per ulteriori informazioni e/o fissare un colloquio ( in studio a Torino o, a seconda dei casi, in videoconsulenza), puoi contattarmi tramite questa pagina. 

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Cibo, emozioni, abbuffate e binge eating disorder: intervista web e radio

21 febbraio 201920 febbraio 2019 Caterina Laria video abbuffate, alimentazione consapevole, binge eating disorder, dca, emotional eating, intervista, live social, psicologo, psicologo online, psicologo skype, psicologo torino, radio veronica one

Qualche mese fa sono stata contattata dallo staff di Live Social per un’intervista su Binge eating disorder; abbiamo spaziato in generale sul rapporto tra cibo ed emozioni, parlando di abbuffate e alimentazione consapevole.
Questo è il video integrale dell’intervista: buona visione!

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All you can eat: vuoi, puoi?

8 febbraio 20197 febbraio 2019 Caterina Laria approfondimenti, articoli alimentazione, alimentazione consapevole, all you can eat, ayce, binge eating disorder, bulimia, calma, disturbi del comportamento alimentare, lentezza, mindful eating, mindfulness, psicologo, psicologo online, psicologo skype, psicologo torino, riflessione

I classici buffet ( aperitivi, colazioni,…) e i ristoranti con formula all you can eat sono fonte di grande preoccupazione per chi ha problemi nella regolazione della propria condotta alimentare. Si tratta di contesti in cui c’è a disposizione tanto cibo, in grandi varietà e quantità. In teoria soprattutto chi è a dieta “sa” cosa dovrebbe mangiare, eppure il rischio di perdere il controllo è alto. Siamo in un vero e proprio paradosso di libertà.

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Photo by Kaboompics .com on Pexels.com

All you can eat significa letteralmente: tutto ciò che puoi mangiare. Questo quantitativo non sempre coincide con ciò che si vorrebbe veramente; spesso si è tentati dalla varietà di cibo a disposizione e si eccede per appagare una fame “estetica”, più che fisiologica.

Negli ultimi anni abbiamo assistito al moltiplicarsi dei ristoranti giapponesi: molti di essi offrono questa formula del pasto illimitato a prezzo fisso. Alcuni, oltre al classico sushi, inseriscono nel menù anche piatti della cucina italiana, in modo da poter attrarre un maggior numero di clienti.
In questi locali ci si accomoda a una tavola apparacchiata con gusto, si sfoglia un menù corredato da foto invitanti e si inizia ad annotare i codici corrispondenti ai piatti desiderati. Gli habitué hanno un loro criterio: numero di piatti, sequenza, ripetizioni e rotazioni; altri si fanno guidare dall’istinto del momento. L’importante è ordinare il più possibile per appagare i 5 sensi: All you can eat, baby!

In fin dei conti, quanto questo “puoi” coincide con il “vuoi”? Per poter trovare una risposta dobbiamo rallentare, ritrovando lentezza.

Oltre a premiare la vista, sushi & co. sono infatti ideati per invitarci alla consapevolezza di ciò che stiamo mangiando. Le loro dimensioni, a maggior ragione se si usano le tradizionali bacchette, sono tali da permettere l’ingestione di un piccolo quantitativo di cibo per volta. Idealmente, ogni singolo pezzo dovrebbe essere gustato con calma, quasi in una vera e propria celebrazione.

Inoltre, la tradizione culinaria giapponese presta molta attenzione alla presentazione dei piatti. Avete mai visto un bentō ? Si tratta di un contenitore adibito al trasporto (al lavoro, a scuola, all’aperto…) di un pasto preparato in casa. A differenza della classica “schiscetta” o ” baracchino” di italica tradizione, il bentō viene allestito tenendo conto anche dell’estetica, combinando colori e consistenze fino a creare delle vere e proprie opere d’arte, come in questo esempio:

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Foto di @hiro7111

Bello, vero? Può anche essere un’idea utile per presentare le verdure ai bambini, come in quest’altro caso:

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Foto di The Lunch Geisha

Dico sempre ai miei pazienti che non è il cibo ad essere positivo o negativo di per sé: è la relazione che instauriamo con il nostro comportamento alimentare ad essere fonte di benessere o malessere. Imparando a esercitare la mindful eating, cioè l’alimentazione consapevole, si riprende contatto con se stessi e con ciò che corpo e mente ci chiedono. Non significa smettere di mangiare un dolce o un pacchetto di patatine ma di capire perché si stanno mangiando: per fame, per noia o come ricompensa?

A proposito di consapevolezza alimentare e all you can eat, vi rimando al mio nuovo articolo per PsicologiOnline “Le trappole psicologiche dell’ All you can eat: se le conosci le eviti”.

Per chiedermi ulteriori informazioni e/o fissare un colloquio ( in studio a Torino o, a seconda dei casi, in videoconsulenza), puoi contattarmi tramite questa pagina. 

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I 7 nemici della felicità – 4 : il timore di essere diversi dagli altri

12 dicembre 201811 dicembre 2018 Caterina Laria approfondimenti autostima, benessere, consapevolezza, crescita personale, felicità, pregiudizio, psicologo, psicologo skype, psicologo torino

Su questo pianeta siamo circa 7 miliardi, siamo tutti diversi e pertanto unici.
Il problema è quando la diversità anziché creare un valore aggiunto e una ricchezza diventa motivo di preoccupazione e divisione.

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Photo by rawpixel on Unsplash

Senza tirare in ballo temi politici e sociologici ( che meritano una trattazione più ampia e completa di quanto sarei in grado di fare) soffermiamoci su quei piccoli momenti della quotidianità in cui il timore di essere diversi ci allontana dalla felicità.

Quasi tutti da bambini e ragazzi avrete avuto la seguente esperienza di notare come i gruppi dei parei tendano a uniformarsi: abbigliamento, gadget, gusti musicali,… questo avviene perché l’approvazione del gruppo è importante in determinate fasi della crescita.
Da adulti teoricamente non dovremmo avere più questa necessità, a patto però di nutrire sufficiente stima di sé. La carenza di autostima infatti ci porta a dipendere dal giudizio altrui, cercando approvazione. Tendiamo a uniformarci e a piegarci su ciò che riteniamo sia comunemente accettato e condiviso dalla maggioranza delle persone che riteniamo importanti.

Un po’ come vestirsi sempre di nero anche se amiamo il giallo, solo perché lo fanno gli altri attorno a noi e quindi crediamo che si aspettino altrettanto.
Eppure la storia  ( così come la scienza, l’arte…e anche la psicologia!) è fatta di personaggi che hanno sfidato i pregiudizi, hanno tracciato nuove strade inseguendo le loro idee e lottando per esse.
Il timore della propria diversità rende passivi e la passività è nemica della felicità!

Quando è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa di diverso da chi ti circondava?

Per chiedermi ulteriori informazioni e/o fissare un colloquio ( in studio a Torino o, a seconda dei casi, in videoconsulenza), puoi contattarmi tramite questa pagina. 

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I 7 nemici della felicità – 3 : il rimuginio

5 dicembre 20184 dicembre 2018 Caterina Laria approfondimenti autoefficacia, autosabotaggio, autostima, consapevolezza, felicità, psicologo, psicologo online, psicologo skype, psicologo torino, volersi bene

Il nemico della felicità del quale parleremo oggi è un po’ più “subdolo” e nascosto dei precedenti due. Più che un singolo ostacolo potremmo definirlo come una serie di comportamenti/azioni che ci tengono ancorati in maniera improduttiva a ciò che è ormai passato o a ciò che – forse – potrebbe succedere.

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Photo by John T on Unsplash

Con il termine rimuginio definiamo un’insieme di preoccupazioni negative e ripetitive. In alcuni casi può diventare particolarmente intrusivo della quotidianità, specie se avviene in maniera quasi incontrollata e costante, come ad esempio nei disturbi d’ansia, del comportamento alimentare o negli stati depressivi.
Questo non significa che la tendenza a riflettere sullo stesso argomento – specie se importante – sia necessariamente patologico. Allo stesso tempo, una certa tendenza al rimuginio può portarci a ingigantire percezioni negative, amplificando il pessimismo e l’immobilità di fronte a una decisione da prendere o il rimpianto/ rimorso per quanto già successo. Alle trappole del pensiero ” E se…?” ho dedicato qualche tempo fa un articolo su PsicologiOnline.

Vuoi imparare a rimuginare di meno? Prova a scrivere ciò che ti preoccupa su un post-it, mettilo via  e rileggilo dopo un’ora. Poi dopo un giorno, e infine dopo una settimana. Cosa noti? La tua preoccupazione si è modificata? Fammi sapere nei commenti ( o se vuoi in privato) se hai provato questo piccolo esercizio e com’è andata!

Per chiedermi ulteriori informazioni e/o fissare un colloquio ( in studio a Torino o, a seconda dei casi, in videoconsulenza), puoi contattarmi tramite questa pagina. 

 

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I 7 nemici della felicità – 2 : la paura del cambiamento

28 novembre 201827 novembre 2018 Caterina Laria approfondimenti cambiamento, felicità, psicologia, psicologo, psicologo online, psicologo skype, psicologo torino, psicoterapia

Ben ritrovati!
La scorsa settimana abbiamo inaugurato la serie di post dedicati ai “7 nemici della felicità”: oggi tocca alla paura del cambiamento. Anche a questo tema avevo dedicato un approfondimento in precedenza QUI .

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Photo by Javier Allegue Barros on Unsplash

Il cambiamento non è un traguardo di per sé; è un processo che ci conduce a una nuova fase della vita e che perciò può richiedere uno sforzo più o meno grande. A volte ci spaventa e vorremmo che a cambiare fossero gli altri, ovviamente nella direzione a noi auspicata. Solo imparando ad assumere un ruolo attivo nella vostra vita potremo aspirare a raggiungere i traguardi che ci prefissiamo.

E tu, cosa vorresti cambiare? C’è qualcosa che accetti passivamente sperando che siano gli altri a cambiarla per te?

Per chiedermi ulteriori informazioni e/o fissare un colloquio ( in studio a Torino o, a seconda dei casi, in videoconsulenza), puoi contattarmi tramite questa pagina. 

 

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