I classici buffet ( aperitivi, colazioni,…) e i ristoranti con formula all you can eat sono fonte di grande preoccupazione per chi ha problemi nella regolazione della propria condotta alimentare. Si tratta di contesti in cui c’è a disposizione tanto cibo, in grandi varietà e quantità. In teoria soprattutto chi è a dieta “sa” cosa dovrebbe mangiare, eppure il rischio di perdere il controllo è alto. Siamo in un vero e proprio paradosso di libertà.

All you can eat significa letteralmente: tutto ciò che puoi mangiare. Questo quantitativo non sempre coincide con ciò che si vorrebbe veramente; spesso si è tentati dalla varietà di cibo a disposizione e si eccede per appagare una fame “estetica”, più che fisiologica.
Negli ultimi anni abbiamo assistito al moltiplicarsi dei ristoranti giapponesi: molti di essi offrono questa formula del pasto illimitato a prezzo fisso. Alcuni, oltre al classico sushi, inseriscono nel menù anche piatti della cucina italiana, in modo da poter attrarre un maggior numero di clienti.
In questi locali ci si accomoda a una tavola apparacchiata con gusto, si sfoglia un menù corredato da foto invitanti e si inizia ad annotare i codici corrispondenti ai piatti desiderati. Gli habitué hanno un loro criterio: numero di piatti, sequenza, ripetizioni e rotazioni; altri si fanno guidare dall’istinto del momento. L’importante è ordinare il più possibile per appagare i 5 sensi: All you can eat, baby!
In fin dei conti, quanto questo “puoi” coincide con il “vuoi”? Per poter trovare una risposta dobbiamo rallentare, ritrovando lentezza.
Oltre a premiare la vista, sushi & co. sono infatti ideati per invitarci alla consapevolezza di ciò che stiamo mangiando. Le loro dimensioni, a maggior ragione se si usano le tradizionali bacchette, sono tali da permettere l’ingestione di un piccolo quantitativo di cibo per volta. Idealmente, ogni singolo pezzo dovrebbe essere gustato con calma, quasi in una vera e propria celebrazione.
Inoltre, la tradizione culinaria giapponese presta molta attenzione alla presentazione dei piatti. Avete mai visto un bentō ? Si tratta di un contenitore adibito al trasporto (al lavoro, a scuola, all’aperto…) di un pasto preparato in casa. A differenza della classica “schiscetta” o ” baracchino” di italica tradizione, il bentō viene allestito tenendo conto anche dell’estetica, combinando colori e consistenze fino a creare delle vere e proprie opere d’arte, come in questo esempio:

Bello, vero? Può anche essere un’idea utile per presentare le verdure ai bambini, come in quest’altro caso:

Dico sempre ai miei pazienti che non è il cibo ad essere positivo o negativo di per sé: è la relazione che instauriamo con il nostro comportamento alimentare ad essere fonte di benessere o malessere. Imparando a esercitare la mindful eating, cioè l’alimentazione consapevole, si riprende contatto con se stessi e con ciò che corpo e mente ci chiedono. Non significa smettere di mangiare un dolce o un pacchetto di patatine ma di capire perché si stanno mangiando: per fame, per noia o come ricompensa?
A proposito di consapevolezza alimentare e all you can eat, vi rimando al mio nuovo articolo per PsicologiOnline “Le trappole psicologiche dell’ All you can eat: se le conosci le eviti”.