Sul’onda dell’intervista video che ho rilasciato qualche settimana fa , continuiamo a parlare di binge eating disorder, dando stavolta parola a chi ne soffre. Questa che potrete leggere qui sotto è una lettera scritta da una paziente che negli ultimi tempi ha preso consapevolezza del suo rapporto problematico con il cibo e ha deciso di affrontarlo. Questo scritto faceva parte di un “compito” che le avevo assegnato; dopo averlo letto insieme mi ha confidato il desiderio di voler diffondere le sue parole per aiutare tutti/e coloro che stanno vivendo una situazione simile e vorrebbero chiedere aiuto.
Non ho voluto modificare le sue parole per lasciare autenticità al suo pensiero, se non editando le parti che potrebbero renderla riconoscibile in modo da garantirne la privacy. A lei va il mio ringraziamento per avermi affidato il suo messaggio.

Cari/e bingers,
vi spiace se vi chiamo così? Sono una di voi e vorrei raccontarvi la mia storia.Raccontare me stessa è per me una delle cose più difficili al mondo. Ho sempre avuto difficoltà con le parole: mi hanno insegnato sin da piccola a dosarle, a parlare a bassa voce e a non espormi mai perché è da maleducati alzare la voce o da egocentrici parlare di se stessi.
Adesso sono a un punto della terapia tale per cui ho capito che voglio parlare al mondo, ho represso per anni tante parole e tante emozioni. Raccontarmi serve sicuramente a me per prima ma vorrei potesse essere d’aiuto a voi che vivete una una situazione simile alla mia.Da bambina ho sempre avuto la tendenza a essere un po’ più cicciottella. Probabilmente facevo una vita troppo sedentaria, forse c’era un po’ di genetica, chissà. Mi sarebbe piaciuto fare sport ma essendo femmina i miei genitori credevano fosse una perdita di tempo che mi avrebbe distratta dalla scuola e così le uniche attività extrascolastiche erano corsi di lingue straniere. Negli anni mi sono tornati utili ma alla fine ero sempre sola con l’insegnante di turno, avrei preferito frequentare dei corsi con altri bambini o fare qualcosa di più divertente.
Ricordo che avevo 10 anni quando fui rimproverata per essere stata ingorda nell’aver preso una fetta di pane in più, come se lo avessi tolto di bocca a un bambino africano. Questa è l’immagine che da anni mi torna in mente ogni volta che faccio un’abbuffata. E allo schifo si aggiunge altro schifo. Non sono mai stata messa ufficialmente a dieta, semplicemente in casa non entravano cibi ritenuti proibiti. Alle feste dei compagni non mangiavo nulla per timore di venire rimproverata. Credevo che tutti controllassero il mio piatto così come facevano i miei genitori a casa.Ho iniziato ad abbuffarmi durante gli anni dell’università. Mi sono iscritta a una facoltà che non volevo fare: ha prevalso il senso del dovere verso la famiglia e ho “scelto” di seguire la strada di mio padre. Era quello che tutti si aspettavano e nessuno si è mai posto il problema se potesse piacermi o meno. Sono sempre stata una studentessa disciplinata e brillante, quindi ho avuto ottimi voti anche nelle materie che odiavo. Dovevo studiarle e le studiavo, fine della storia.
Negli anni ho imparato come compiere il delitto perfetto: pianificavo le abbuffate in base agli orari in cui sarei stata sola a casa. Arrivavo a bramare l’arrivo di quei momenti. Ho cominciato a frequentare i supermercati e a comprare scorte di cibo da nascondere in camera. Fare la spesa dovrebbe essere un’azione normalissima, eppure io mi sentivo in allerta come un tossicodipendente che va al parco a cercare lo spacciatore. Per il timore che qualcuno potesse vedermi con un cestino pieno di schifezze andavo a fare le mie incursioni mangerecce in altri quartieri. Tanto a casa bastava dire che mi fermavo in biblioteca a studiare.
Non mi ricordo nemmeno cosa e quanto mangiavo in quei momenti. A volte salati, a volte dolci. Spesso mischiavo tutto senza criterio talmente il cervello era annebbiato. La sensazione di appagamento immediata è indescrivibile. Solo chi ci è passato può capirla, così come può capire lo sconforto, il senso di colpa e l’odio per te stessa che ti assale subito dopo. Come trovarsi sul picco di una montagna russa e poi sprofondare fino al centro della terra.
Anche se non ero mai stata magrissima non potevo però farmi vedere palesemente grassa, quindi nei giorni post abbuffata rasentavo il digiuno. E comunque ero così in preda ai sensi di colpa che non avrei potuto mangiare nemmeno sotto tortura. Ovviamente nessuno si accorgeva delle mie restrizioni; lo scarso appetito veniva sempre connesso alla buona e santa preoccupazione per lo studio.Le mie relazioni sociali hanno sempre fatto pena, un po’ perché i miei pensieri erano sempre assorbiti dal cibo, un po’ perché non mi sono mai vista come una persona interessante. Ok ero una delle migliori all’università, e poi? Tanti si fingevano amici per avere appunti o ripetizioni e in fin dei conti mi stava bene così, solo relazioni superficiali. Ho sempre trovato scuse per declinare inviti alle feste, per paura di non riuscire a controllare la mia voracità davanti ad altri. Adesso guardando indietro direi anche che è difficile fare amicizie se tu per prima non ti apprezzi e non ti ritieni meritevole di affetto e stima.
Adesso sono una donna, ho un lavoro che mi ha portata in un’altra città e una casa tutta mia. Non sono più la bambina a cui veniva vietato di esprimersi e a cui hanno demolito l’autostima. Eppure sento un senso di vuoto enorme, che ovviamente riempio di cibo. Non ho più nemmeno bisogno di nascondermi eppure subito dopo mi guardo intorno come se fossi una ladra del mio stesso frigorifero. Poi mi dispero e mi ripeto che questa è l’ultima volta: il giorno dopo vado a correre al parco e mi convinco che sarà l’inizio di una vita sana. Come va a finire potete immaginarlo, so che ci passiamo tutti. I buoni propositi durano fino a che qualcosa non scatena l’abbuffata successiva.
Sotto sotto ho sempre saputo di avere un problema ma sono quei pensieri che la mente scaccia via per paura di doverli affrontare seriamente prima o poi. Mi rassicuravo dicendomi che tanto non vomito quindi non doveva essere grave. Mi sono autoingannata per anni. E anche questo meccanismo probabilmente lo può capire solo chi ci è passato.
Un giorno è scattato qualcosa, una specie di interruttore. Ero al telefono con mia mamma: non avevo fatto in tempo a raccontarle della mia promozione lavorativa che già mi aveva interrotta. Si è messa a parlare di cugine, figlie di amiche…tutte avevano qualcosa in più di me e si sentiva sempre in dovere di aggiornarmi. Ho chiuso la comunicazione con una scusa banale e sono corsa verso il frigorifero. Lì ho sentito il click. Cosa diavolo stavo facendo??? Perché ero seduta sul pavimento della cucina in lacrime e con un pacco di sottilette in mano? Davvero meritavo questo?
Ho singhiozzato a lungo e profondamente, come una bambina. Quella bambina che non aveva mai pianto perché le emozioni non si ostentano e si deve essere sempre impeccabili. Una bambina che ha soffocato pensieri, desideri e aspirazioni per anni e poi da grande ha iniziato a tapparle con il cibo.
Mi sono documentata su internet decisa a chiedere aiuto a uno psiterapeuta. Ho preso un appuntamento nel più breve tempo possibile. Durante la prima seduta mi vergognavo del mio problema con il cibo. Avevo chiesto consulenza per il rapporto conflittuale ( o forse sarebbe meglio dire un “non rapporto”) con i miei genitori. Poi i rubinetti si sono aperti e in un fiume di lacrime ho raccontato tutto a qualcuno, finalmente.
Durante la terapia ho capito l’importanza di amarmi e volermi bene. Di perdonarmi per tutte le abbuffate che ho fatto e per quelle che , con meno frequenza, mi capita di fare. Ho imparato a dare dignità alle mie emozioni belle e brutte e a trovare modi più sani per gestirle. Sto imparando ad apprezzare il cibo anche se a volte lo vedo ancora come una droga e ho momenti di rabbia in cui vorrei eliminarlo dalla mia vita. Ho ancora paura delle mie fragilità però non le ignoro più perché fanno parte di me.
Il rapporto con i miei genitori è ovviamente un tasto molto dolente ma sento di volerlo finalmente affrontare. Voglio essere libera dal loro giudizio. Ripensando alle famiglie in cui sono cresciuti a loro volta inizio a spiegarmi tante cose. Vorrei essere così brava un giorno da riuscire a perdonarli perché in fin dei conti mi hanno sempre sostenuta economicamente e in quel senso non mi è mai mancato nulla. Avrei preferito meno soldi e più amore in casa ma se non lo hanno mai provato come potevano darmelo? Non riesco ancora a non colpevolizzarli ma adesso è più importante pensare a me e al mio futuro.
Ho superato la vergogna e sono andata a fare una prova alla squadra di pallavolo. aziendale. Mi piace, ho scoperto di essere portata e mi hanno accolta volentieri. Magari non vinceremo il torneo ma sto facendo nuove amicizie e anche uscire a cena insieme non mi spaventa più come prima. Sto imparando ad avere consapevolezza di ciò che mangio e questo mi ha dato la spinta per rivolgermi a una nutrizionista che mi sta insegnando ad avere un’alimentazione sana e più andiamo avanti più comprendo che senza un lavoro psicologico non sarei stata in grado di seguire le sue indicazioni. Avrei fatto promesse e trovato scuse per infrangerle.Rileggendo questa lettera temo di essermi un po’ dilungata. Succede quando hai tante cose da dire e ti sembrano tutte importanti. Ci ho messo anni a prendere consapevolezza del mio disturbo e a chiedere finalmente aiuto. Leggendo su internet ho visto che ci sono tante persone come me che chiedono un sostegno e non sanno da che punto partire. Ecco, vorrei che soprattutto a voi arrivasse la mia storia: non siete soli! E soprattutto, è possibile uscire da questo tunnel. Non c’è niente di male nel farsi aiutare e parlare con un professionista di ciò che vi sta succedendo. So che all’inizio può essere difficile perché vi troverete a ripercorrere momenti poco piacevoli della vostra vita però poi vi sentirete meglio, più leggeri e più in pace con voi stessi.
Diffidate da chi riduce il binge a una semplice questione estetica, anche se ovviamente può avere grosse ripercussioni fisiche. Non è stato il mio caso ma alcune persone diventano gravemente obese con forti rischi sulla salute. Non mettete in pericolo la vostra vita!
Meritiamo molto di più. Ci è concessa una vita soltanto e non possiamo sprecarla vergognandoci di noi stessi. Ogni giorno possiamo scegliere se volerci bene o continuare a punirci. Arrivi a un punto in cui capisci che non ti interessa più dare la colpa a qualcuno perché semplicemente sei andato oltre e non sai nemmeno come.Spero di aver dato speranza a qualcuno di voi.
Un abbraccio,
X
Ti sei ritrovato/a, almeno in parte, in queste parole? Ti è sembrato per un istante che si parlasse di te? Per ulteriori informazioni e/o fissare un colloquio ( in studio a Torino o, a seconda dei casi, in videoconsulenza), puoi contattarmi tramite questa pagina.
In molte cose rivedo me stessa. Sono decisamente più grande di età e … disgustosamente obesa … senza nessuna forza di volontà per fermarmi, salvo brevi periodi. Spero che confrontarmi con altre realtà possa esserci d’aiuto reciprocamente
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Cara mattea1954, grazie per aver condiviso la sua esperienza. Il disgusto verso se stessi è un vissuto che accomuna molte persone con il binge. Mai come in questi casi è importante imparare a perdonarsi e a vedersi come creature uniche e degne d’amore. Se desidera fissare un appuntamento ( in Studio a Torino o online ) può scrivermi dalla pagina Contatti. Un caro saluto, CL
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Purtroppo abito in Sardegna, isolana isolata. Grazie
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Grazie. Sarà dura ma ci provo
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