Non sempre una condotta alimentare errata soddisfa completamente i criteri diagnostici per i Disturbi del comportamento alimentare quali anoressia, bulimia, binge eating disorder, giusto per citare quelli maggiormente conosciuti. Ciò non significa però che questi comportamenti vadano trascurati o ignorati.
Per alimentazione disturbata si intende un insieme di comportamenti alimentari non sani, che possono esprimersi in diverse modalità. Tra le più comuni troviamo la pianificazione meticolosa dei pasti futuri, il conteggio delle calorie, la diminuzione o eliminazione drastica di alcuni cibi con una motivazione ufficialmente etica ma che in realtà sottintende la volontà di perdere peso, il salto dei pasti, le diete restrittive in cui un nutriente (soprattutto grassi e/o carboidrati) vengono tagliati senza motivazione medica. Inoltre, la persona decide quasi ” a comando” quando sentirsi sazia o meno, senza ascoltare il proprio fisico, si pesa continuamente, cerca di tamponare il senso di fame con bibite non caloriche o simili.
Una recente ricerca a cura dell’Università di Helsinki ha evidenziato che un’alimentazione disturbata da parte dei giovani adulti può causare effetti a lungo termine sulla salute. In particolar modo, tale condotta si è mostrata predittiva di obesità, complicazioni mediche in generale, svalutazione del sé, bassa autostima e conseguente peggioramento del benessere psicologico. Gli autori dello studio sottolineano l’importanza di una buona diagnosi e di un trattamento efficace, anche in assenza di un vero e proprio Disturbo del comportamento alimentare nel senso clinico del termine, negli uomini così come nelle donne.

Un’alimentazione disturbata non solo può esitare in un Disturbo del comportamento alimentare ma può già da sola porre le basi per un peggioramento della qualità della vita. Chi ne soffre lega la sua autostima alla capacità di “comandare” la fame, anche a costo della propria salute. Al contempo, aumenta il rischio di utilizzare il cibo per andare a zittire le emozioni negative, in assenza di strategie più efficaci (il cosiddetto emotional eating).
Non rappresentando un disturbo vero e proprio può essere più subdola e difficile da riconoscere, tant’è che la persona spesso fa fatica a identificarla come comportamento problematico. Se fatta notare, la restrizione alimentare viene giustificata con una motivazione esterna e descritta come occasionale.
Una buona diagnosi è fondamentale per ritrovare un rapporto sereno con l’alimentazione e con se stessi, imparando ad utilizzare modalità più sane per prendersi cura del proprio fisico, prevenendo problemi che – come visto sopra- possono avere ricadute più intense ed estese nel tempo.
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