Questo post nasce da una domanda che mi è stata rivolta qualche giorno fa in seduta: “Dottoressa, perché la terapia a volte fa male?“.
In effetti il tema del dolore della psicoterapia, se così possiamo chiamarlo, è a mio avviso sottovalutato. Tutti noi terapeuti abbiamo l’obiettivo di dimostrare quanto bene il nostro mestiere possa produrre e siamo così presi dal nostro nobile intento da tralasciare – dare per scontato – che a volte un poco di dolore siamo “costretti” a infliggerlo.

Dovendo spiegare questa infausta evenienza, spesso utilizzo un parallelo con il mestiere del fisioterapista: anch’egli è costretto, fisicamente s’intende, a toccare dei punti dolenti. All’istante le sue mosse producono dolore ( parlo con cognizione di causa, avendone esperienza diretta, sigh!) ma pian piano la parte sofferente inizia a star meglio. Nessuno dei due professionisti è mosso da chissà quale sadismo: l’obiettivo è ristabilire una condizione di benessere sul medio-lungo termine.
Altrettanto sovente, ciò che crea dolore in terapia è il dover parlare di vecchie esperienze. Qui adopero un’altra mia metafora, quella della soffitta: abbiamo bisogno di riaprire insieme degli scatoloni di “cose vecchie” per capire insieme se richiuderle e conservarle, disfarsene o provare a ricostruirle.
La pratica della psicoterapia, dal mio personalissimo punto di vista, non può prescindere da queste due dimensioni: il dolore e il passato. Ciò che mi ha fatto male, se non adeguatamente metabolizzato, rimane sottotraccia come un’ interferenza pronta a disturbarmi da un momento all’altro.
Questo lavoro ovviamente richiede tempo: c’è chi arriva in terapia pronto a narrare le sue emozioni negative, chi ancora deve riconoscerle e chi invece, pur avendole ben presenti, ancora non si sente pronto ad esternarle. Ciascuna di queste condizioni merita rispetto e accoglienza. Il mio ruolo è quello di facilitare le tempistiche affinché ciò avvenga nel momento più giusto possibile per la persona che ho davanti. Con questo penso di rispondere anche a un’ulteriore domanda : “dovrò raccontare già in primo colloquio esperienze dolorose anche se non mi sento pronto/a?“
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