Per alcuni sono un modo creativo e divertente per tenersi in contatto con gli amici (reali o virtuali), per altri un esempio di narcisismo: comunque la si pensi, i selfie sono ormai un fenomeno culturalmente significativo.
L’ Accademia della Crusca definisce il selfie come una fotografia scattata a sé stessi, tipicamente senza l’ausilio della temporizzazione e destinata alla condivisione in rete.
Sono sempre più numerosi gli studi psicologici a riguardo; il più recente è stato pubblicato sulla rivista Frontiers in Psychology a cura di Sarah Diefenbach e Lara Christoforakos della Ludwig-Maximilians-University Munich. Questa ricerca ha visto la somministrazione di un questionario online a 238 persone provenienti da Austria, Germania e Svizzera (questo potrebbe costituite un limite culturale, come puntualizzato dalle stesse autrici: sarebbe auspicabile una somministrazione su scala più vasta).
Il 77% dei partecipanti ha dichiarato di scattarsi regolarmente selfie (circa una volta al mese). La ragione principale dietro un autoscatto sembra essere la voglia di condividere parti positive di sé e della propria vita con gli altri, nella speranza di suscitarne simpatie e approvazioni. Allo stesso tempo però, oltre il 60% degli intervistati ha concordato con le possibili conseguenze negative di questo tipo di foto, ad esempio in termini di autostima.
L’aspetto che più mi ha colpito di questa ricerca è la discrepanza tra ciò che gli intervistati pensano dei propri selfie e cosa invece di quelli altrui. Le proprie foto vengono viste come divertenti, autoironiche e spontanee; quelle degli altri “finte”, costruite ad arte per attirare consensi, meno autoironiche: uno sfoggio di narcisismo. Inoltre, oltre l’80% di chi ha dichiarato di condividere i propri autoscatti ha, contemporaneamente, affermato di voler vedere meno selfie sui social! Questo fenomeno è stato definito dalle autrici come paradosso del selfie.
E voi, che uso fate degli autoscatti? Cosa ne pensate di quelli altrui?