Qualche giorno fa sono stata contattata dall’amica e collega Michela Roccello , anche lei autrice di un blog che si intitola Redazioni Terapeutiche. Mi ha proposto di intervistarci a vicenda e di dialogare insieme sull’impatto che la pandemia ha e avrà sul nostro lavoro. Trovate l’intervista a questo indirizzo.

Come spesso accade, una chiacchierata con un collega mette in moto una serie di riflessioni, soprattutto se alla base ci sono già stima e rispetto reciproci. Ahimè spesso nelle libere professioni si fa fatica a concedersi momenti di questo tipo, un po’ per la mancanza di tempo e un po’ perché si vive in una dimensione settoriale e ripiegata su se stessa.
Il 2020 sarà l’anno degli psicologi?
Ho letto questa affermazione in un paio di meme spiritosi , insieme ad altri riferiti agli avvocati divorzisti. Ci sarà più bisogno di noi? Credo sarà probabile; non significa però che avremo un’impennata di richieste, a mio avviso.
La domanda di psicoterapia passa per una presa di consapevolezza ( ho bisogno di aiuto perché…) alla quale segue l’atto pratico di contattare un professionista: servono tempo, denaro e energie da investire. Come potranno chiedere aiuto coloro i quali hanno perso il lavoro e/o attendono un sostegno economico? Dove troverà il tempo per recarsi in studio una donna e mamma lavoratrice in smartworking con i figli a casa da scuola?
Per quanto siano lodevoli, trovo poco efficaci le iniziative gratuite : questa pandemia dovrebbe averci insegnato a pensare a una sanità efficace ed efficiente sul lungo periodo, non ad un sistema che si improvvisa sulla spinta dell’emergenza. Ti offro un colloquio gratis, e poi? La salute non si cura con le offerte promozionali.
Le nuove tecnologie
Il setting terapeutico si è arricchito in questi mesi di una prospettiva digitale: abbiamo continuato le sedute tramite telefono e videochiamate di vario tipo. Abbiamo installato app, combattendo contro i disguidi tecnici e i rallentamenti di linea. Quella che prima era un’ eccezione riservata a coloro i quali non potevano materialmente recarsi in studio ( italiani all’estero, trasfertisti, studenti fuorisede di rientro) è diventata la normalità.
Dovendo rispettare il distanziamento fisico tutte queste opzioni si sono rivelate utilissime: ovviamente non possono sostituire in pieno ciò che avviene nella stanza di terapia. Ad esempio, viene a mancare una parte di comportamento non verbale e anche il contatto oculare è mediato da un occhio tecnologico. Esistono dei tempi tecnici per cui la voce può arrivare in ritardo o leggermente deformata.
Continuerò a usare queste opportunità, ritenendole un complemento e non un’alternativa alla seduta classica.
I doni della pandemia
Michela, con un’arguta domanda, mi ha fatto pensare ai vantaggi derivanti dal lockdown. Non per tutti infatti si è trattato di un evento negativo: per alcuni è stata una vera e propria opportunità per continuare a procrastinare o tornare alle care vecchie abitudini. Certo, l’attuazione prima e l’allentamento poi delle misure di distanziamento può aver causato un aumento dei livelli di ansia; restando a un livello più ampio però quanti di noi hanno lasciato qualcosa in sospeso con l’alibi della pandemia? In cuor nostro, quanto siamo stati sollevati all’idea di non poter fare una determinata cosa?
E ancora: che cosa abbiamo scoperto restando a casa per tutto questo tempo?
Grazie ancora a Michela ( e al suo gatto) per questa interessantissima intervista!
Contattami per un colloquio: puoi scegliere liberamente se svolgerlo da remoto ( telefonata, videoconsulenza,..) o se recarti presso il mio Studio, nel pieno rispetto delle norme igienico-sanitarie vigenti. Per informazioni e/o prenotazioni puoi contattarmi attraverso i recapiti presenti in questa pagina.