I Mondiali di Calcio 2018 purtroppo non vedono il coinvolgimento della Nazionale Italiana di Calcio, ma per gli appassionati di questo sport si tratta comunque di un appuntamento imperdibile.
Ad ogni modo, resta interessante osservare come intere nazioni si riuniscano a tifare per la stessa squadra, mettendo in atto comportamenti distanti anni luce da quelli tenuti nella vita di tutti i giorni. Cori, balli, parrucche colorate e trucco patriottico: vediamo quali sono i principali meccanismi psicologici alla base della “febbre da tifo”, in un articolo condiviso dall’ APA- American Psychological Association
1. Perché tornei per nazioni come i Mondiali e gli Europei riescono a coinvolgere persone normalmente disinteressate al calcio?
Questo cambiamento di atteggiamento ha a che fare con un cambiamento dell’identità sociale. Le identità sociali sono aspetti della nostra personalità che fanno riferimento al nostro ambiente sociale, ad esempio la nostra nazionalità, l’azienda per cui lavoriamo, un’associazione di cui siamo membri… Tendiamo a provare più simpatia nei riguardi delle persone che condividono con noi un’ identità sociale (il cosiddetto ingroup), meno con chi appartiene ad altre (il cosiddetto outgroup ), anche se non le conosciamo singolarmente. Possiamo trovare esempi di questo fenomeno anche tra i fan delle band musicali.
Abbiamo diverse identità sociali quindi, e ci comportiamo in maniera diversa a seconda di quale è quella “attiva” al momento. Durante i Mondiali l’identità sociale che riguarda l’appartenenza alla propria nazione diventa molto forte: anche le persone che normalmente non seguono il calcio si sentono molto motivate ad essere positive nei confronti del proprio paese e della propria squadra. Inoltre, hanno maggiori probabilità di essere negative nei confronti di altre squadre. Ne sono un esempio le barzellette e gli sfottò tra italiani e francesi…
2. Perché quando gioca la Nazionale urliamo, cantiamo e balliamo come normalmente non faremmo?
La presenza di altre persone intorno a noi può condurci alla “deindividuazione”: ci si unisce a una folla e si diventa anonimi, a maggior ragione se indossiamo tutti una maglietta dello stesso colore.
La deindividuazione rende più probabile agire in un modo appropriato alle norme del gruppo piuttosto che alle proprie stesse norme. In una folla di tifosi, le norme prevedono un tifo urlato, cori e inni. Non sempre il risultato è negativo: i tifosi di Giappone e Senegal hanno ripulito gli spalti a fine partita!
3. Perché siamo molto critici verso la squadra del nostro Paese e invece ce la prendiamo se a criticarla è qualcuno di un’altra nazione?
Ragionando ancora in termini di identità sociale, quando riceviamo una critica “outgroup” siamo più sensibili e veniamo colpiti in maniera negativa, a prescindere dalla qualità dell’osservazione che ci viene mossa. Viceversa, siamo più tolleranti nei riguardi delle critiche “ingroup” perché le recepiamo come più costruttive.
4. Ma quindi il tifo per la nostra Nazionale ci rende ostili verso gli altri?
In realtà no, e ancora una volta ce lo spiegano le identità sociali: i tifosi della Germania, dell’Italia e della Francia hanno in comune l’identità “tifosi di calcio”. Rivalità a parte, l’idea di essere tutti amanti del calcio e appassionati dei Mondiali può unire persone di nazionalità diverse, aumentando il fair play. Un esempio? I tifosi rivali consolano il piccolo Aleks, in lacrime dopo la sconfitta della sua squadra.
…che vinca il migliore! 😉