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L’autosabotaggio: fallire per paura del fallimento

28 febbraio 2017 Caterina Laria approfondimenti, Senza categoria amore, ansia, autosabotaggio, autostima, benessere, crescita personale, fallimento, insicurezza, paura, perdere, prestazione, psicologo, psicologo online, psicologo torino, psicoterapia, relazioni, self-sabotage, sport, studio, università, vincere, volersi bene

Con il termine autosabotaggio si definiscono una serie di comportamenti, azioni e strategie messe in atto per limitare le nostre potenzialità, in modo tale da avere un alibi esterno in caso di successo.

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Vediamo meglio in cosa consiste, attraverso tre storie provenienti da differenti ambiti (NB nomi di fantasia)

Lara, 22 anni, studentessa universitaria. Durante la sessione esami si divide tra una festa e l’altra, fa piccoli viaggi, prende una serie di impegni che la tengono lontana dai libri. Nel poco tempo che le resta è sempre stanca e non riesce a concentrarsi. Puntualmente, gli esami vanno male ma lei trova sempre qualche scusa: il problema non sono le sue competenze o capacità, la colpa è degli eventi che non le hanno dato tempo e modo di studiare.

Piero, 37 anni, consulente finanziario. Si rammarica perché tutti i suoi amici si stanno “sistemando”, mettono su casa, si sposano e fanno figli. Sembra che l’unico sfortunato sia lui. Eppure le opportunità non gli mancano: ha una vita sociale molto attiva, fa sport e frequenta ambienti variegati. Ogni volta che inizia una nuova frequentazione nel giro di poco riesce a farla deteriorare; assume atteggiamenti per cui irrita le donne che puntualmente non vogliono più avere a che fare con lui e così trova conferma alle sue supposizioni: in amore per lui va sempre tutto male.

L’ Atletico Calcio 2017 è una formazione che milita in serie A da alcuni anni. A ogni campionato viene inserita tra le possibili rivelazioni della stagione: parte bene  e viene osannata dalla critica, fino alla prima sconfitta. Inizia a farsi condizionare dai titoli dei quotidiani sportivi che iniziano a definirla come un bluff, una delusione. Di qui in avanti scende in campo titubante, distratta, timida. In particolare, non riesce a gestire le situazioni di vantaggio: arriva sempre l’errore grossolano in difesa, il fallo ingenuo in area di rigore a far rimontare l’avversario. Nella conferenza stampa di fine gara c’è sempre un episodio cui dare la colpa: un momento di disattenzione, un errore arbitrale, un giocatore non in perfetta forma.

In queste storie possiamo vedere l’autosabotaggio declinato in diversi campi: studio, relazioni sentimentali e prestazioni sportive.
Com’è possibile che la paura di fallire provochi proprio il fallimento?
Un fallimento è sempre difficile da accettare poiché mette in discussione la propria autostima, sia in termini di competenze che di impegno. I protagonisti dei nostri esempi fanno tutti la stessa cosa: iniziano a creare condizioni esterne cui dare la colpa dei loro insuccessi. Vediamo come è andata a finire:

Lara è sempre stata una studentessa modello, al liceo tutto le veniva facile con il minimo sforzo. Sa che all’università è  diverso e dovrà impegnarsi molto di più: ha scelto una facoltà prestigiosa che l’ha portata lontana da casa, con grosso impegno economico da parte della famiglia. Non superare un esame significa mettere in discussione se stessa e le proprie competenze. Si è resa conto che bere troppo alle feste serviva a tenerla “intontita” il giorno dopo e avere la scusa per non studiare. Ha posticipato l’acquisto dei libri e il reperimento degli appunti per poi non avere tempo a sufficienza per studiare. “Agli esami andavo male perché non studiavo..e non perché ero antipatica al professore“. Ora si sta focalizzando sul suo metodo di studio ed evita le distrazioni sotto esame. Anche se dovesse andare male, userà il risultato come esperienza per correggere ciò che ancora non va bene e comprendere dove migliorare per la volta successiva, senza farne drammi esistenziali.

Piero racconta di aver avuto una forte delusione sentimentale: credeva di averla superata ma ora si rende conto che da lì è iniziata la sua paura di non essere “abbastanza” per una relazione. Non capisce cosa possano trovare in lui le donne brillanti e affascinanti con cui inizia a uscire. La sua insicurezza lo porta ad “anticipare la rovina prima che tutto vada in malora“: non richiama per giorni una ragazza cui tiene moltissimo perché sa che “tanto andrà male lo stesso,almeno così evito sorprese e lo so già“, quando finalmente riesce a contattarla le propone di andare a cena salvo disdire all’ultimo minuto. Ovviamente questi comportamenti fanno desistere qualunque donna dall’idea di avere a che fare con lui. Piero così ha la conferma che “tutto va sempre male, l’amore è una gran fregatura” e guarda con un misto di invidia e sofferenza le vite altrui. Adesso ha preso atto delle sue insicurezze e vuole provare a impegnarsi, utilizzando in maniera positiva la malinconia che avverte per la sua solitudine.

L’allenatore dell’Atletico Calcio 2017 ha sempre vissuto con apprensione le critiche giornalistiche e degli addetti ai lavori. Sentire glorificare la sua squadra ancora prima di iniziare a giocare lo ha messo sotto i riflettori ed è una condizione che vive  male perché teme di rovinare tutto. Inconsapevolmente ha trasmesso questa insicurezza ai suoi giocatori sia in allenamento che in partita. Lui stesso è stato il primo a dare troppo peso ai singoli episodi: “dare la colpa a un rigore subito è più facile perché non devo mettermi in discussione come tecnico: non siamo noi ad aver giocato male, è stato l’arbitro ad averci punito ingiustamente!“. Ha capito come evitare di farsi condizionare dalla stampa: legge meno i giornali e pensa di più a come sviluppare il potenziale della squadra. Non gli importa se un lunedì viene caricato di aspettative e quello dopo trattato come un dilettante. ” La mia paura di vincere era la paura di essere ricoperto di elogi che potevano essere cancellati da un momento all’altro. Se vinciamo è perché lo abbiamo meritato per il lavoro svolto, se perdiamo vuol dire che dobbiamo rimboccarci le maniche e capire cosa è andato storto.”

In pratica, come facciamo a smettere di autosabotarci?  Partiamo da alcune domande:

  • qual è l’obiettivo che non riesco a raggiungere?
  • ci sono delle opportunità in merito che sto trascurando?
  • quanto mi sto impegnando realmente?
  • sto creando delle condizioni esterne che mi allontanano da questo obiettivo?
  • cosa metterei in discussione di me se non dovessi raggiungerlo?
  • come posso rinforzare queste insicurezze?

Ovviamente ogni situazione è a sé; riconoscere però la nostra percentuale di impegno e la tipologia di impedimenti che stiamo creando è un buon punto di partenza. Ci saranno casi in cui l’autosabotaggio è solo una strategia momentanea volta a coprire una preoccupazione transitoria. In altre circostanze si tratta di una difesa perpetua contro ansie ben più profonde e rischia di condizionare a lungo termine la propria autorealizzazione e quindi, il proprio benessere.

Se l’autosabotaggio sembra essere diventato ormai una costante della vita e vuoi capire come imparare a farne a meno, puoi prenotare un colloquio ( presso il mio studio  a Torino o, a seconda dei casi, in videoconsulenza) telefonando al numero 3454551671 o compilando questo modulo.

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